Virus e celle solari
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Virus e celle solari
"Un virus per ottimizzare l'efficienza delle celle solari"
Un gruppo di ricercatori del MIT ha pubblicato questa settimana sulla rivista Nature Nanotechnology i risultati di un esperimento con il quale hanno dimostrato la possibilità di incrementare l'efficienza di conversione energetica delle celle solari impiegando nanotubi di carbonio ed un virus appositamente modificato in grado di assumere il ruolo di "agente di assemblaggio" a livello microscopico.
L'impiego dei nanotubi di carbonio permette di migliorare l'efficienza di una cella solare, tuttavia precedenti esperimenti in questa direzione hanno mostrato due sostanziali problemi nell'impiego dei nanotubi di carbonio. Innanzitutto la realizzazione dei nanotubi produce un miscuglio di due tipi, alcuni dei quali agiscono come semiconduttori mentre altri si comportano come fossero metalli. La ricerca ha mostrato che gli effetti sulle celle solari sono differenti, dal momento che i semiconduttori sono in grado di migliorare le prestazioni delle celle solari, mentre i metalli sortiscono l'effetto opposto. Il secondo problema è rappresentato dal fatto che i nanotubi di carbonio tendono ad ammassarsi insieme, andando a compromettere la loro efficacia.
E' a questo punto che i ricercatori hanno pensato di impiegare un comune virus, il Fago M13, opportunamente modificato a livello genetico che ha permesso loro di controllare la disposizione dei nanotubi di carbonio su una superficie, mantenendo i nanotubi separati ed evitando così che si ammassino tra loro. I ricercatori hanno messo alla prova queste scoperte impiegando una cella solare di tipo "dye-sensitized", dove lo stato attivo è composto da diossido di titanio.
I virus vengono impiegati per ottimizzare un particolare passaggio nel processo di conversione della luce in energia elettrica: in una cella solare investita da radiazione luminosa, i fotoni vanno a colpire gli elettroni del materiale fotosensibile, questi elettroni devono essere convogliati verso un collettore affinchè sia possibile generare corrente elettrica. L'impiego dei nanotubi consente di convogliare in maniera più efficiente gli elettroni verso il collettore.
I virus in particolare effettuano due differenti funzioni in questi processo. Innanzitutto i virus dispongono di proteine a catena corta chiamate peptidi che hanno la capacità di legarsi strettamente ai nanotubi di carbonio, mantenendoli nella loro posizione e separati gli uni dagli altri. Il virus è modificato per poter produrre (non è chiaro in quale modo) una copertura di diossido di titanio, un elemento chiave per le celle di tipo dye-sensitized, su ciascun nanotubo in maniera tale che essa sia a stretto contatto con i nanotubi che trasportano gli elettroni. Ed è proprio il contatto tra il diossido di titanio ed i nanotubi a migliorare il trasporto degli elettroni in direzione del collettore.
Entrambe le funzioni sono assolte dal medesimo virus, la cui attività viene variata da una funzione all'altra con il cambiamento dell'acidità dell'ambiente in cui si trova. La possibilità di variare la propria funzione è una importante nuova caratteristica dimostrata per la prima volta in questa ricerca. Le celle solari così realizzate hanno mostrato un'efficienza di conversione del 10.6%, un incremento di circa un terzo rispetto all'efficienza dell'8% delle tradizionali celle dye-sensitized.
Secondo i ricercatori la produzione di celle solari con questo nuovo metodo comporterebbe ridotte modifiche alle linee produttive esistenti, rendendo piuttosto facile adattare le attuali fabbriche di produzione. La produzione commerciale di celle solari con nanotubi e virus potrebbe non essere troppo distante nel tempo dal momento che celle solari dye-sensitized vengono infatti già commercializzate in Giappone, Corea e Taiwan.
[Fonte: www.businessmagazine.it]
L'impiego dei nanotubi di carbonio permette di migliorare l'efficienza di una cella solare, tuttavia precedenti esperimenti in questa direzione hanno mostrato due sostanziali problemi nell'impiego dei nanotubi di carbonio. Innanzitutto la realizzazione dei nanotubi produce un miscuglio di due tipi, alcuni dei quali agiscono come semiconduttori mentre altri si comportano come fossero metalli. La ricerca ha mostrato che gli effetti sulle celle solari sono differenti, dal momento che i semiconduttori sono in grado di migliorare le prestazioni delle celle solari, mentre i metalli sortiscono l'effetto opposto. Il secondo problema è rappresentato dal fatto che i nanotubi di carbonio tendono ad ammassarsi insieme, andando a compromettere la loro efficacia.
E' a questo punto che i ricercatori hanno pensato di impiegare un comune virus, il Fago M13, opportunamente modificato a livello genetico che ha permesso loro di controllare la disposizione dei nanotubi di carbonio su una superficie, mantenendo i nanotubi separati ed evitando così che si ammassino tra loro. I ricercatori hanno messo alla prova queste scoperte impiegando una cella solare di tipo "dye-sensitized", dove lo stato attivo è composto da diossido di titanio.
I virus vengono impiegati per ottimizzare un particolare passaggio nel processo di conversione della luce in energia elettrica: in una cella solare investita da radiazione luminosa, i fotoni vanno a colpire gli elettroni del materiale fotosensibile, questi elettroni devono essere convogliati verso un collettore affinchè sia possibile generare corrente elettrica. L'impiego dei nanotubi consente di convogliare in maniera più efficiente gli elettroni verso il collettore.
I virus in particolare effettuano due differenti funzioni in questi processo. Innanzitutto i virus dispongono di proteine a catena corta chiamate peptidi che hanno la capacità di legarsi strettamente ai nanotubi di carbonio, mantenendoli nella loro posizione e separati gli uni dagli altri. Il virus è modificato per poter produrre (non è chiaro in quale modo) una copertura di diossido di titanio, un elemento chiave per le celle di tipo dye-sensitized, su ciascun nanotubo in maniera tale che essa sia a stretto contatto con i nanotubi che trasportano gli elettroni. Ed è proprio il contatto tra il diossido di titanio ed i nanotubi a migliorare il trasporto degli elettroni in direzione del collettore.
Entrambe le funzioni sono assolte dal medesimo virus, la cui attività viene variata da una funzione all'altra con il cambiamento dell'acidità dell'ambiente in cui si trova. La possibilità di variare la propria funzione è una importante nuova caratteristica dimostrata per la prima volta in questa ricerca. Le celle solari così realizzate hanno mostrato un'efficienza di conversione del 10.6%, un incremento di circa un terzo rispetto all'efficienza dell'8% delle tradizionali celle dye-sensitized.
Secondo i ricercatori la produzione di celle solari con questo nuovo metodo comporterebbe ridotte modifiche alle linee produttive esistenti, rendendo piuttosto facile adattare le attuali fabbriche di produzione. La produzione commerciale di celle solari con nanotubi e virus potrebbe non essere troppo distante nel tempo dal momento che celle solari dye-sensitized vengono infatti già commercializzate in Giappone, Corea e Taiwan.
[Fonte: www.businessmagazine.it]
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